Un pensiero nuovo sull’audit clinico nell’era delle cartelle informatizzate

Brown B, Peek N, Buchan I. The Case for Conceptual and Computable Cross-Fertilization Between Audit and Feedback and Clinical Decision Support. Stud Health Technol Inform. 2015;216:419-23.

Quante volte avremo sentito una frase del tipo “con la cartella clinica elettronica l’audit clinico diventerà un gioco da ragazzi, basterà un click”, o addirittura “.. l’audit clinico scomparirà con la diffusione delle cartelle informatizzate”? Abbiamo riferito in diverse newsletter su lavori in letteratura che evidenziano un gap sostanziale fra la qualità dei dati di sistemi informatizzati ed un audit clinico ben impostato (http://wp.me/p5Zhtg-1Q).
Il paper qui discusso va finalmente oltre i soliti orizzonti e stantii dibattiti. Due giovani ricercatori ed un professore in Public Health Informatics, tutti e tre di Manchester, aprono una prospettiva concettuale ed epistemologica nuova sul futuro dell’audit clinico. Il paper non è uno studio empirico, né una revisione sistematica, ma una proposta teorica innovativa.
In primo luogo gli autori si chiedono come funzionano e che cosa hanno in comune due metodi apparentemente molto lontani fra di loro: i supporti informatizzati alle decisioni cliniche (clinical decision support, CDS) e l’audit clinico. Poi si chiedono se possa essere pensabile una reciproca contaminazione fra essi.

Come CDS essi intendono “alert e pro-memoria specifici per paziente/situazione o altre raccomandazioni per azioni cliniche dirette.” Per esempio, se i dati clinici di un paziente (come il livello di colesterolo) raggiungono determinati livelli (> 5mmol/L), viene suggerita una certa azione (prescrizione di statine).
Per l’audit clinico loro utilizzano la accezione ampia di Cochrane “any summary of clinical performance over a specified period of time”, includendo quindi anche l’utilizzo di indicatori di performance clinica in senso lato.
Sia per i CDS che per l’audit le Cochrane Review riportano livelli di efficacia non entusiasmanti; abbiamo già discusso i problemi di questo approccio in altra sede (http://wp.me/p5Zhtg-1s).
I tre autori, pur condividendo interesse e competenza in campo di e-health, non seguono il pensiero ingenuo che l’informatizzazione della documentazione clinica faciliterà, anzi supererà l’Audit Clinico: “tradizionalmente l’audit veniva intrapreso dai professionisti esaminando laboriosamente le cartelle cliniche cartacee. L’uso diffuso di cartelle elettroniche e di tecnologie web avrebbe potuto facilitarlo, anche confrontando diversi provider, per esempio ad opera di agenzie governative… invece, come risultato ci troviamo ora un’abbondanza di strumenti computerizzati in giro per il mondo, che vengono chiamati ‘cruscotto’, ‘strumenti per il benchmarking’ o ‘public reporting’. Alcuni sono rozze implementazioni di software per la business intelligence, altri sono più specificamente sviluppati per la sanità. Questi strumenti presentano informazioni ai professionisti (e spesso anche al pubblico) attraverso siti web, applicazioni o email. A differenza dell’audit non-computerizzato, però, raramente danno suggerimenti per le azioni di miglioramento che i destinatari dovrebbero intraprendere.”
Quali sono gli aspetti che accomunano l’audit e CDS ?
– Entrambi lavorano sulla stessa “materia prima”: la documentazione clinica (informatizzata),
– analizzano specifiche popolazioni di pazienti,
– mirano ad una modifica del comportamento in direzione di uno ‘standard’ clinico.
Ci sono alcune evidenze in letteratura che indicano che i CDS sono più efficaci esattamente nelle situazioni in cui si svolgono attività di audit clinico: al di fuori dal contatto diretto col paziente ed a livello di team. Viceversa, l’audit è più efficace se la restituzione dei risultati è tempestiva, corredata di un piano di azioni e se tratta specifici gruppi di pazienti. Quindi, alcune caratteristiche dell’audit migliorerebbero l’efficacia dei CDS e viceversa.
Si potrebbe pensare, per esempio, ad un alert collettivo all’equipe medica che riguardi tutti i pazienti in carico che abbiano un alto livello di colesterolemia.
Gli autori non propongono, in conclusione, di “appiccicare” audit clinico e CDS fra di loro, con logiche del tipo “co-intervento”, “intervento multimodale” o simili, né di proseguire con la raccolta certosina di singoli studi empirici sull’efficacia dell’uno o dell’altro metodo, ma di pensare ad una cornice teorica più ampia, nella quale i meccanismi dell’uno e dell’altro possano trovare spiegazioni. E questa cornice teorica si colloca necessariamente nell’ambito delle scienze umane.

Un riferimento possibile è: Brehaut JC, Eva KW. Building theories of knowledge translation interventions: Use the entire menu of constructs. Implement Sci. 2012 Nov 22;7:114.

L’articolo di Brown, Peek e Buchan è scritto in creative commons e quindi liberamente accessibile.

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